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RTD Responsabile alla Transizione Digitale

Quali funzioni svolge una figura centrale per migliorare l'efficienza delle Pa, ma ancora assente in molte realtà locali  
Immagine di un RTD Responsabile per la Transizione Digitale, con un tablet in una sala server.
Tempo di lettura: 3 minuti

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Per migliorare l’efficienza degli uffici pubblici e la qualità dei servizi offerti, una spinta importante negli ultimi anni è arrivata dall’Rtd, il Responsabile per la Transizione al Digitale. L’Rtd è stato introdotto in Italia nel 2017 con l’articolo 17 del Cad, il Codice per l’amministrazione digitale, che stabilisce l’obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche di avere un ufficio per la transizione digitale con a capo un responsabile per la transizione al digitale. 

Chi è e di cosa si occupa l’Rtd 

Nella Pa per cui lavora l’Rtd è un dirigente a capo dell’ufficio per la trasformazione digitale dell’ente. Egli attua la strategia e le linee guida definite dal Governo. L’Rtd gestisce processi di riorganizzazione dell’ente per realizzare un’amministrazione digitale e aperta, capace di fornire servizi facilmente utilizzabili e di qualità, in maniera efficiente ed economica.  

Tra i compiti dell’Rtd e del suo ufficio ci sono:  

  • sviluppo di sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia e dei servizi forniti dagli stessi;

  • indirizzo, pianificazione, coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica relativa a dati, sistemi e infrastrutture; 

  • accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici; 

  • analisi periodica della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e cooperazione alla revisione della riorganizzazione dell’ente; 

  • progettazione e coordinamento di iniziative per una più efficace erogazione di servizi online;

  • promozione di iniziative per l’attuazione delle direttive del Governo;

  • diffusione nell’amministrazione dei sistemi di identità e domicilio digitale, posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale o firma elettronica qualificata e mandato informatico, accessibilità e fruibilità, integrazione e interoperabilità tra i sistemi e i servizi dell’amministrazione;

  • acquisti di soluzioni e sistemi informatici, telematici e di telecomunicazione per garantirne gli obiettivi dell’agenda digitale e, in particolare, del piano triennale per l’informatica. 

Rtd Responsabile alla transizione digitale, quali competenze e requisiti deve avere

Per la complessità della materia e dei compiti che deve svolgere, l’Rtd deve avere adeguate competenze tecnologiche, manageriali e di informatica giuridica. 

I requisiti per ricoprire il ruolo di Rtd sono indicati nella relazione del 2017 della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla digitalizzazione, che indica 4 criteri:  

  • iscrizione all’ordine degli ingegneri informatici;

  • laurea in informatica o equivalenti;

  • esperienza almeno quinquennale nel settore privato nel campo dell’ICT;

  • esperienza almeno quinquennale nel settore pubblico nel campo dell’ICT.

Figura necessariamente trasversale per poter agire sulle diverse aree dell’ente, per tutto ciò che riguarda la transizione digitale l’Rtd ha un ruolo gerarchicamente superiore agli altri dirigenti. Verso gli altri dirigenti l’Rtd ha poteri di impulso e coordinamento per tutto ciò che riguarda il piano triennale per l’informatica nella Pa.  

Gli RTD in Italia: 4 Comuni su 10 non hanno ancora nominato un responsabile

L’Rtd e i suoi compiti sono stati previsti nel 2016 e 2017, con due decreti legislativi della Riforma Madia che hanno modificato l’articolo 17 del Cad. Tuttavia, la conoscenza e la diffusione di tale figura nelle Pa italiane è rimasta molto limitata fino al 2018.  

Una scossa al riguardo si è avuta con la Circolare n. 3 del 2018 del Ministero per la PA, con cui si esortavano gli enti a nominare tale figura e registrarla sull’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, la banca dati con i riferimenti di tutte le amministrazioni italiane. Da quel momento gli Rtd nelle Pa italiane sono cresciuti costantemente. Dai 2.939 di settembre 2018, gli Rtd erano 5.312 a fine 2019, per poi passare a 6.461 a fine 2020 e 7.991 a fine 2021. 

Tuttavia, in questo processo di crescita e adeguamento le amministrazioni più piccole sono rimaste indietro. Il 40% dei Comuni (3.181 enti) non ha ancora un Rtd. Indietro resta anche la categoria che comprende federazioni, ordini e consigli professionali, con il 42% inadempiente a fine 2021. 

Di seguito gli Rtd a fine 2021 distinti per amministrazione: 

  • ministeri: 13 su 13

  • regioni e province autonome: 21 su 21

  • città metropolitane: 14 su 14

  • università: 65 su 71

  • comuni: 4.861 su 8.042

  • federazioni, ordini e consigli professionali: 1.068 su 1.844 

Una menzione a parte spetta alle scuole. Dopo una fase iniziale in cui il singolo istituto nominava il proprio responsabile, con la nota del 5 dicembre 2019 il Miur ha stabilito che l’Rtd del Ministero è il responsabile unico per tutte le scuole di ogni ordine e grado e ha invitato le scuole a far decadere le nomine già eseguite.  

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